Anche questo Sanremo ce lo siamo levato dalle palle
Più che parlare di vincitori, vinti, siparietti e meme assortiti, permettimi di spendere due parole su come rivedrei volentieri il programma complessivo di questo benedetto Festival. Respectfully.
Sono sempre stato uno dei più grandi hater del Festival di Sanremo, non avevo mai visto nemmeno un minuto di trasmissione in 70 e passa editozioni, fino praticamente allo scorso anno. Se ho iniziato a seguirlo è perché la creazione di contenuti me lo chiedeva. Mettici anche un minimo di interesse per il cast.
L’anno scorso è andata bene, quest’anno invece male male. Tanta, tanta noia. Voglio cogliere l’occasione per portare i miei due centesimi su come vedrei meglio questo Festival della canzone italiana che a me ha sempre puzzato di vecchio, vecchissimo. Ora le cose sono un po’ cambiate ma credo ci sia ancora tanto, tantissimo ancora su cui lavorare.
Anche questo Sanremo ce lo siamo levato dalle palle e senza nemmeno guardare vincitori, vinti, voti e televoti mi limito a snocciolare qualche riflessione per una kermesse un po’ più facile da metabolizzare per tutti.
Ribadisco: sono i due centesimi.
Artisti in gara
Partiamo dagli artisti in gara. Troppi. Portare 30 canzoni è già di per sé una follia, soprattutto alla luce di una scaletta che non comprende solo musica ma un mare di altra roba: stacchi pubblicitari, ospitate, monologhi, sketch, siparietti assortiti e chi più ne ha più ne metta. Ci credo che devi iniziare alle 9 di sera e finire alle 3 di notte. Che cazzo.
Io andrei a dimezzare il tutto. Meno artisti coinvolti porta più esclusività ancora all’evento e puoi dare spazio anche ad altro oltre la musica. È un ragionamento lecito da fare vista la portata dell’evento in termini di audience e quindi visibilità e quindi introiti. Un cast comunque variegato ma più contenuto aiuta anche il pubblico ad apprezzare meglio i brani in gara.
Siparietti e riempitivi inutili
Ad oggi c’è un quantitativo di siparietti e riempitivi inutili che allungano il brodo in una maniera incredibile: lo sketch di Ibrahimobic, il monologo di Teresa Mannino, il monologo di Edoardo Leo, l’ospitata del cast di Mare Fuori e avanti così.
La noia avanza se non succedere realmente qualcosa. Quest’anno quasi dobbiamo ringraziare John Travolta e il ballo del qua-qua. Se solo non fosse uno dei punti più bassi della televisione italiana da sempre e per sempre. Quindi, riassumendo: via il superfluo. Potiamola questa siepe, per favore!
Artisti che presentano artisti (mai più)
Apro e chiudo una parentesi velocissima su una novità - credo - di quest’anno che spero andranno a togliere immediatasubito: conduttore e/o co-conduttore che introducono l’artista che presenta l’artista con il brano in gara.
No. No. No. Mai più.
Un evento così con già tanta, tantissima carne al fuoco non puoi portarmi un riempitivo del genere. Allunga il brodo senza motivo e utilità alcuni e rincoglionisce ancora di più il pubblico che, per quanto il Festival sia in fase svecchiamento, soffre ancora un’età media importante.
Fantasanremo ha un po’ rotto i coglioni
Questa cosa dei baudi e dei punti è sfuggita di mano. Il semplice fatto che se ne parli così apertamente durante la gara già ne stronca il fascino e parecchio, secondo me. In più credo rovini lo spettacolo più che arricchirlo e renderlo più pepato. Parliamoci chiaro: perde tutta la magia e un po’ anche il senso del Fantasanremo.
Senza contare che i cantanti in gara sono sì artisti ma anche professionisti, l’arte si mischia con il lavoro. E scherzare quando si lavora è cosa buona, giusta, lecita, sacrosanta, per carità. Importante è che conservi la sfumatura di eccezionalità, perché se diventa lo standard allora è un problema.
Conclusioni
Ed eccoci giunti alla fine di un concentrato di opinione non richiesta ma doverosa perché il format ce lo chiede, il popolo ce lo chiede. Archiviamo questo Sanremo e buonanotte a tutti. Che qui tra baudi, balli del qua-qua, pubblicità occulte, monologhi, siparietti etc il debito delle ore di sonno inizia a farsi importante.