Club Dogo: disco dell'anno senza essere disco dell'anno
La tanto attesa reunion dei Club Dogo ci regala un nuovo album sul quale possiamo dire tutto, il contrario di tutto e niente. Dipende da che prospettiva vogliamo inquadrarlo. Nel dubbio: parliamone.
Una mezz’oretta abbondante di rap fatto come Cristo comanda è più che sufficiente a Jake La Furia, Guè e Don Joe per azzerare timori e perplessità delle puntate precedenti quando oltre alla reunion dei Club Dogo iniziavano a farsi più insistenti e consistenti le voci su un possibile nuovo album.
Sono tutti e 3 in ottima forma, chi al microfono e chi in regia. Si sente che c’era voglia di divertirsi e tornare a fare delle figate insieme, ti basti ascoltare tracce come C’era una volta in Italia, Malafede (con un’entrata pesantissima di Guè) o Tu Non Sei Lei.
Non mi avventuro in nessuna recensione. Noti subito che è un disco dei Club Dogo con tutti i crismi del caso, ci sono auto-citazioni, riferimenti alla propria discografia passata, suono e immaginario… insomma, pacchetto completo.
Noi però siamo qui proprio per dubitare di tutto e non fermarci alle prime considerazioni del caso ma, al contrario, per confutare e ribaltare scenari.
Andiamo con ordine.
Siamo proprio sicuri che sia il nuovo album dei Club Dogo?
Dopo diversi ascolti non mi sento di dire che siamo davanti al nuovo album dei Club Dogo quanto piuttosto ad un nuovo album dei Club Dogo. Meglio ancora: questo è un album celebrativo dei Club Dogo.
E lo dico proprio in virtù di quanto appena detto, del fan-service più o meno voluto e ricercato e di quanto questo lavoro sia denso di auto-citazioni a loro stessi. Da un lato è un album in pieno stile Club Dogo, dall’altro è anche vero che nessuno ha osato nulla. Anzi.
Tutto dipende da che prospettiva decidiamo di adottare e dal nostro personale metro di giudizio che, vuoi o non vuoi, ha una corposa percentuale di emotività ad influenzarlo.
Sta a noi decidere fino a che punto sognare
Questo mi porta ad un’altra considerazione importante. Credo avremmo parlato comunque bene di questo album. Il carico di aspettative ed emozioni che la reunion del gruppo più iconico di Milano porta con sé è tale da farci andare bene sbavature, fan-service, zero rischi, featuring sottotono o fuori luogo e chi più ne ha più ne metta.
Parliamoci chiaro: quante possibilità c’erano di ritrovarsi in mano un prodotto davvero pessimo? Tendenti allo zero. Neanche avessero voluto fare un disco brutto di proposito.
L’album ha i suoi punti deboli se vogliamo essere intellettualmente onesti. Pochi e poco impattanti ma ci sono. Ecco perché dico che sta a ciascuno di noi decidere fino a che punto sognare.
Saprà resistere all’usura del tempo?
Questo omonimo disco dei Club Dogo è un capitolo a parte non solo della discografia corale e solista di Jake La Furia, Guè e Don Joe ma, più in generale, del rap italiano. Proprio l’intatta essenza di tutti i tratti caratteristici nonostante la decade trascorsa, mi fa dire che questo è un album fuori dal tempo.
Ora però seguimi nel ragionamento: vinili, merchandising, pop-up store e a breve inizieremo a parlare delle 10 date al forum di Assago, per poi giungere ad un ipotetico gran finale (almeno per ora) a San Siro. Se non ci fosse questa schedule così marcata da qua a 5-6 mesi, questo album dei Club Dogo saprebbe resistere lo stesso all’usura dei tempi odierni dove i dischi durano una settimana quando va bene?
Probabilmente sì. Non lo so.
Ci metteresti la mano sul fuoco, oggi?
Featuring che non aggiungono nulla
Non ci si aspettava collaborazioni a parte forse Marracash, anche forte dei trascorsi con il gruppo. Diciamo che a fronte di una tracklist immacolata nessuno avrebbe avuto da ridire. Forse nemmeno io.
Oltre al buon Fabio Rizzo da Barona ecco invece che l’etichetta discorgrafica ci piazza anche Sfera Ebbasta e Elodie. Tutto in famiglia. Giusto per ricordare che gli artisti sono liberi di fare quello che vogliono della propria musica.
Ma andiamo avanti :-)
Trovo Marracash un po’ sotto i suoi soliti standard, forse anche per via di un beat fiacco e per il ricordo ancora fresco di cosa cazzarola ha combinato nel disco di Salmo e Noyz Narcos dove si è mangiato due rapper in un solo boccone.
Elodie è intercambiabile con una qualunque altra voce, tratto distintivo e quid personale non pervenuti. Sfera Ebbasta è fuori contesto e si sente, si sente che qualcuno ce l’ha messo a forza in virtù di non si sa bene cosa. O forse sì?
Fatto sta che non c’è alcun guizzo. Tolto lui come brand non resta nulla ma al netto di queste considerazioni che reputo secondarie nell’economia complessiva del pezzo e del disco, non credo che i Club Dogo abbiano bisogno di Sfera Ebbasta, quale che sia il punto di vista attraverso cui vogliamo inquadrare la situa. A maggior ragione se consideriamo quanto questo ritorno fosse carico di emozioni e aspettative già all’annuncio.
Il rap in Italia fa così schifo che…
…dobbiamo continuare a sperare nel ritorno dei Club Dogo finché questo piccolo grande sogno non si avvera. Lo dico da tempo e in più occasioni mi sono espresso in modo chiaro: in questo Paese nessuno ha ancora capito un beato niente di Rap.
E il livello generale già basso di suo sembra cavalcare un gioco al ribasso, schiavo di trend, algoritmi, musica usa e getta per cui si investono più tempo e risorse in marketing e narrativa piuttosto che nella musica stessa. Un paradosso che ancora non mi spiego.
Ma soprattutto, caro Cosimo, aiutami tu: in Italia il rap oggi fa schifo, Gesù inchiodato su una croce di platino ed oro giallo. Siamo d’accordo.
A chi ti riferisci esattamente? Perché, ecco… sei nei dischi di tutti.
Chiedo (cit.)
Considerazioni finali sul nuovo album dei Club Dogo
Aspettando le date live al Forum di Assago e San Siro, nel dubbio mi godrei il momento così com’è. Abbiamo fra le mani un ottimo disco rap.
Più o meno celebrativo che sia, più o meno fan-service, è pur sempre un nuovo album dei Club Dogo. Credo ne avessimo tutti bisogno da fan del rap più che di Club Dogo in senso stretto. È senza ombra di dubbio il disco dell’anno senza nemmeno essere il disco dell’anno.
E come direbbe Lundini: va bene lo stesso!